L’esattezza del metodo

Di Valentina Piscitelli, alla Certosa di Trisulti la personale “Elementa” di Riccardo Monachesi.

Riccardo Monachesi, pneuma, ph. F. Santinelli

L’Italia è piena di meraviglie, si sa, ma senza dubbio l’Abbazia cistercense di Trisulti risulta essere tra i più belli e suggestivi monasteri del centro Italia. Il monumentale complesso monastico si sviluppa su oltre 80mila mq di superficie e si erge tra monti e boschi del Comune di Collepardo in provincia di Frosinone. Edificato agli inizi del 1200 fu assegnato ai Certosini da papa Innocenzo III. Grazie all’opera di preservazione dello Stato dal 2014 è patrimonio del Ministero della Cultura e dal 2019 è gestito dalla Direzione Regionale Musei Lazio e della Regione (LazioCrea) che ne ha curato il restauro e la valorizzazione e lo ha aperto al pubblico con mostre caratterizzate dal rispetto dello spirito silente degli ambienti. La Certosa è dunque oggi un museo e un laboratorio permanente per gli artisti che vengono chiamati ad interpretarla. Fino al 28 settembre è possibile visitare al suo interno l’antologica “Elementa”, a cura di Simona Ciofetta, che si snoda attraverso un percorso in 26 installazioni mostrando la ricerca personale di Riccardo Monachesi, composta da oltre 400 pezzi, realizzati dal 1990 ad oggi.

Riccardo Monachesi, autoritratto, ph. F. Santinelli

La magia della trasformazione dei luoghi in pura emozione, attraverso la disposizione sapiente di piccoli oggetti, è la peculiarità del lavoro dell’artista romano, che utilizza la ceramica come principale mezzo espressivo. Essendo anche un architetto, Monachesi rivela anche doti di Magister attento a valorizzare ambiti diversificati e a diverse scale. La mostra personale conferma l’attitudine di Monachesi a rigenerare lo spazio attraverso l’inserimento delle sue opere in contesti straordinari, tra quelle realizzate negli anni ci piace ricordare la collettiva del 2018, presso le Case Romane al Celio: “Domestica” a cura di Francesco Paolo del Re, e del 2019 “Claustromania” presso l’Istituto Nazionale Studi Romani, ma anche l’allestimento permanente di Palazzo Brancaccio a Roma. Tanto più sorprendente è riflettere su come questa trasformazione potente avvenga attraverso una materia fragile come la creta, le opere sono in grado di lavorare in noi attraverso potenti ancore emozionali, lo fanno su più livelli di comunicazione: tattile, cromatica e sonora. Un forte valore simbolico assume il vuoto di berniniana memoria, che gli oggetti generano attorno allo spazio. Collocato sul bordo della grande vasca dei pesci all’aperto, Monachesi ci consegna alla dimensione “acquatica”, lasciandoci senza fiato ad osservare il vaso solitario della collezione “Pneumi” – che respira e fa respirare, attiva la memoria, silenziosa citazione delle sculture astratte di Henry Moore, vaso maestoso e misterioso, collettore di forze della natura circostante, perno su cui l’artista invita ad incernierare intorno il paesaggio fatto di nuvole, acqua che scorre e che riflette lacerti di boschi e di cielo, ci porta nella dimensione sonora attraverso l’accesso in discesa alla Certosa, dove si trova un piccolo giardino chiuso da un cancello, con all’interno un pergolato che incuriosisce attraverso l’ascolto di delicate melodie per lo spirito: le conchiglie dei viaggiatori di Santiago, sospese su fili legati ai rami di alberi catturano il vento, che muovendole trasforma le crete in arpe eoliche, Monachesi ci rivela la dimensione mistica dell’assenza attraverso 28 “Cubi” colorati, cotti al secondo fuoco, tranne uno, collocati sugli scranni lignei del coro dell’Abbazia, memoria dei corpi e delle menti concentrate nella preghiera dei monaci. Le ali nelle piccole celle accennano ad un pensiero di libertà, sebbene immerse in una condizione protetta, come è stata, la volontaria reclusione dei monaci nei conventi, dedicati allo studio, alla preghiera e alla contemplazione. La presenza viva e silenziosa dei papaveri rossi sulle scale ci riempie di gioia improvvisa quanto inattesa, mentre i vasi nel refettorio sono un omaggio dell’artista a Giorgio Morandi. Tutte le opere sono sempre in dialogo con gli antichi spazi, i vasi sono ancora presenze silenziose e vive che ben si collocano nella raffinatezza bellezza della spezieria, databile tra il XVII e il XVIII secolo, dove ci accoglie un ritratto ad olio su intonaco, opera del 1860 di Filippo Balbi, che a grandezza naturale mostra un sorridente e insigne farmacista: Fra Benedetto Ricciardi, che ne è stato direttore fino al 1863.

Riccardo Monachesi, cubi, ph. F. Santinelli

Il lavoro di Monachesi porta ad assumere che anche la scultura, possa interpretare la VII invariante zeviana, l’artista è in ognuno dei luoghi selezionati ad ospitare le opere anche il regista dello sguardo del visitatore che orienta ad una visione sempre antiprospettica. Nella Certosa le opere sono tutti addendi, vitamine che alla contemplazione giustappongono l’astratta sospensione del contesto in una chiave laica e tutta contemporanea, mai disarmonica. Ed è forse la capacità di interpretazione poetica degli spazi, rimodulati attraverso un rapporto di reciproco gioco tra volumi architettonici e natura, vissuti immersivamente e negli elementi naturali, che l’artista-demiurgo permette al visitatore di concepire come queste opere si rivelino veri e propri dispositivi di magia.  Se come affermava Le Corbusier: “L’architettura è il gioco sapiente, corretto e magnifico dei volumi raggruppati sotto la luce”, le opere di Monachesi portano valore agli spazi, consolidando un metodo di lavoro che partendo da sculture in ceramica, fragili, colorate e preziose, determina, come per il battito delle farfalle, un cambiamento ben più ampio delle spazialità coinvolte. La dimensione eroica dell’allestimento conferisce a questa nuova esperienza un ulteriore livello di scala confermando l’esattezza del metodo.

Il catalogo della mostra è edito dalla Direzione Regionale Musei Lazio. L’Artista, Riccardo Monachesi, romano, dal 1977 usa la creta come medium per fare arte. Dopo un apprendistato con Nino Caruso, nel 1980 si laurea in Architettura. Inizia l’attività espositiva nel 1981 con una mostra sul Barocco a Calcata, presentata da Paolo Portoghesi. A seguire, numerose esposizioni nelle quali impone la ceramica quale materia eminentemente artistica. Alla mostra romana del 1994 presso lo Studio Bocchi, presentata da Walter Veltroni, seguono nel 2009 una personale presso l’Istituto Italiano di Cultura a Vienna; nel 2014 la personale “Terraemota” presso il Museo delle Mura per il Comune di Roma, presentata da Maurizio Calvesi. Nel 2019, in una personale presso lo Studio Canova di Roma dove Antonio Canova realizzò il modello in creta di “Amore e Psiche”, propone un’opera site specific che riprende l’emozione dell’importante scultura. Nel 2011 la Galleria Nazionale di Arte Moderna ha acquisito e collocato presso il Museo Boncompagni Ludovisi 20 ceramiche realizzate a quattro mani con Elisa Montessori; nel 2015 ha realizzato un’opera site specific per il Museo Archeologico a Lipari ed altri due lavori site-specific nell’Ambasciata Italiana di Santiago del Cile, come risultato di una residenza d’artista. Partecipa inoltre a diverse collettive: nel 2015 a Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna; nel 2019 a Napoli, Museo della Ceramica Duca di Camastra; nel 2022 partecipa alla collettiva Ethos Keramikos nel Museo di Palazzo Doebbing a Sutri curata da Vittorio Sgarbi. Nel 2023 partecipa alla 3° edizione della Biennale d’Arte Sacra a Mentone (Francia) presentando la Via Crucis. La Curatrice, Simona Ciofetta, storica dell’arte, collabora da molti anni con il Ministero della cultura con attività di ricerca e di valorizzazione, di progettazione e coordinamento nell’ambito del digitale e degli archivi documentari e gestionali, di progetti conservativi ed espositivi. Si è occupata di storia e gestione di collezioni. Ha curato o collaborato all’organizzazione di mostre di arte moderna e contemporanea. Ha collaborato a lungo con l’Istituto della Enciclopedia Italiana. Svolge attività di ricerca scientifica e pubblicazione nell’ambito dell’arte veneta del sec. XVI, di arte e architettura romana dei secc. XVI-XVIII, di rapporto tra scultura moderna e arte antica, di arte e collezionismo nell’età moderna e contemporanea. La Certosa di Trisulti, Situata a 850 mt. sul livello del mare alle falde del monte Rotonaria (1750mt) della catena dei monti Ernici, che divide il Lazio dagli Abruzzi. La Certosa di Trisulti è dal 2014 patrimonio del Ministero della Cultura e dal 2019 è gestita dalla Direzione Regionale Musei Lazio (Direttore della Certosa, Ursula Piccone). Il nome Trisulti deriva dal latino “tres saltibus” cioè “tre salti” perché è situata tra tre valichi verso l’Abruzzo, Roma e l’area meridionale dello Stato della Chiesa. Il monastero fu edificato agli inizi del 1200 nella secolare Selva d’Ecio, nei pressi di Collepardo e assegnato ai Certosini da papa Innocenzo III. Della fase medievale restano il leone proveniente dall’arredo dell’antica chiesa abbaziale – più volte rimaneggiata sino all’impianto decorativo barocco ancora visibile oggi – e gli ambienti medievali del cosiddetto palazzo di Innocenzo III che ospitano la Biblioteca nazionale della Certosa con circa 36.000 volumi pregiati. Nel corso dei secoli la Certosa diviene un poderoso complesso monumentale di circa 80.000 metri quadrati nei quali si trovano, oltre alla sala capitolare, alle celle, al refettorio e al cimitero dei monaci, anche la pescheria, il chiostro, il giardino, gli orti e la splendida Farmacia settecentesca, che testimonia l’attività dei monaci, proseguita fino in epoca moderna, della produzione di medicamenti e liquori.

Informazioni, Mostra: Riccardo Monachesi ELEMENTA, Luogo: Certosa di Trisulti, Collepardo (Frosinone), Date: 28 giugno – 28 settembre 2024, Orari: 10:00 – 13:30, 14:30 – 18:00

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